Storia e collezione
Il Museo Gigi Guadagnucci ha aperto le porte al pubblico nel 2015, in occasione del centesimo anniversario dalla nascita di Gigi Guadagnucci (Massa, 1915 – 2013). Grande scultore nato a Massa ma formatosi in Francia e vissuto a lungo a Parigi, Guadagnucci è stato uno dei principali maestri del marmo del XX secolo: il museo trae origine dalla donazione di un consistente nucleo di sue opere, ceduto dall’artista stesso e dalla moglie, al Comune di Massa nel 2012 con l’obiettivo specifico di aprire un museo che contenesse una selezione significativa della sua produzione.
La sede, il piano terra e l’interrato della seicentesca Villa La Rinchiostra, immersa in uno splendido parco, era stata identificata quando Gigi Guadagnucci era ancora in vita: lo scultore riteneva che l’apertura di un museo potesse costituire la base per trasformare la villa in un polo dedicato alle arti contemporanee.
Il Museo – allestito con raffinata semplicità dagli architetti Giuseppe Cannilla e Alberto Giuliani – ospita quarantasei opere di Gigi Guadagnucci, eseguite tra il 1957 e il 2005, che documentano l’intero percorso creativo dell’artista.
I lavori inseriti nel percorso di visita, gran parte dei quali si caratterizzano per il virtuosismo con cui l’artista tratta il materiale (principalmente il marmo, ma Guadagnucci lavorò anche con il bardiglio, la pietra calcarea, l’onice e il travertino) e per il quale è noto presso il grande pubblico, toccano diversi temi della sua produzione: la natura, la terra natia, l’eros, gli astri celesti. L’itinerario nella raccolta di Guadagnucci intende documentare specificamente l’eterogeneità della sua produzione, la forza espressiva della sua scultura, le straordinarie qualità della sua lavorazione, gli esiti delle sue ricerche che si muovono sul confine tra astratto e figurativo.
Il percorso, che non segue un vero iter cronologico ma si sviluppa soprattutto per nuclei tematici, comincia con alcune opere di diverse epoche che intendono trasmettere al pubblico l’abilità di Guadagnucci nel modellare il marmo con la virtuosa tecnica che lo ha reso noto: la prima opera che il pubblico incontra è dunque Rosa II del 1984, in marmo statuario, che introduce anche a uno dei temi fondamentali dell’arte dello scultore massese, ovvero il dialogo con la natura. Dopo un’introduzione biografica, ci si ritrova in una sala che espone alcune sculture degli anni Sessanta e Settanta e una selezione di litofanie. Delle prime fanno parte opere come Fiamma (1976), altro saggio del virtuosismo di Guadagnucci, abile nel lavorare il marmo in sottili lamelle, e poi ancora Arioso del 1966, l’iconico Passaggio di meteore del 1973, e una singolare scultura a tema “egizio”, ovvero Akhenaton del 1960: è un ritratto del faraone “eretico”, sposo di Nefertiti e padre di Tutankhamon, raffigurato da Guadagnucci in una posizione di preghiera e in forme che rimandano alla figura dell’ureo, il cobra sacro, simbolo del potere del faraone, effigiato sui copricapi dei sovrani dell’Egitto. Le litofanie sono pietre scolpite a rilievo con soggetti erotici che molto piacquero a Jean Clair: “mi piacerebbe chiamare litofanie queste pietre finemente sfaldate”, scriveva nel 1993, “siano esse incise o sbalzate, da una parte a causa del carattere traslucido di queste pietre dove le immagini prendono forma e si cancellano a seconda dell’inclinazione della luce […] ma soprattutto perché qui si manifesta, nell’esplosione del grande giorno, il presentimento del sacro, la ierofania, la ierogamia, di cui la pietra è il luogo segreto da sempre […] e che l’abilità dello scultore ci rende manifesto”.
Si scende al piano inferiore, dove un corpus di opere degli anni Sessanta intende condurre il pubblico attraverso i numerosi stimoli che furono alla base dello stile versatile di Guadagnucci. Due piccoli nuclei tematici sono dedicati agli animali (si vedano per esempio Gufo e Gallo in breccia, rispettivamente del 1963 e del 1964) e all’omaggio di Guadagnucci all’arte primitiva: lo si riscontra, per esempio, in Aux Cyclades del 1976, opera che riproduce una maschera antica (presso certe culture la maschera era, ed è tuttora in alcune aree del mondo, lo strumento con cui venivano evocate le forze spirituali: ed è proprio la carica spirituale della maschera a colpire Guadagnucci, che rielabora questo motivo con risultati di grande sintesi formale). Si prosegue con alcune opere degli anni Sessanta, come Leda e il cigno del 1963 (una rappresentazione del noto mito greco), la Mano del 1963, Volto del 1965 e poi ancora Brugiana del 1963 e Donna del 1960, in diversi materiali (dal marmo statuario alla pietra calcarea, dal bardiglio al marmo paonazzo) che sono esemplificative dell’impronta astratta e informale dell’artista, il quale è però in grado di riprodurre i ritmi e le forme geologiche dei materiali, sempre in costante dialogo con i suoi soggetti, che si presentano all’osservatore come veri frammenti del mondo da cui provengono.
La sala introduce dunque a un ambiente dedicato al dialogo con la natura, che affascina l’artista per la sua forza generativa, dove la floridezza della vita vegetale assume sensuali curve femminili, ma anche per le sue forme, come si osserva in opere dove è più diretto il riferimento al mondo delle piante e dei fiori: ne sono un esempio sculture come Fiore del 1979, Dialogo di tre foglie del 1976, Rosa I del 1983, e poi ancora Fiore sdraiato I e Fiore sdraiato III, rispettivamente del 1977 e del 1992. Per creare queste opere “floreali”, Guadagnucci lavorava immerso nel suo giardino della casa-atelier di Bergiola, dove germogliavano e crescevano piante sul cui sviluppo l’artista non interveniva, lasciando che la natura si espandesse secondo i suoi ritmi.
Si giunge infine a un’ultima sala con opere di diverse epoche che restituiscono al pubblico una sorta di compendio della tenuta plastica e concettuale della scultura di Guadagnucci: in tutto il suo percorso artistico, l’artista massese ha infatti dimostrato sempre una precisa rispondenza tra spunti ideali e soluzioni formali, tra tensione interna della materia e articolazione delle sue forme nello spazio. Il risultato è dunque una scultura fatta di equilibri, ritmi nonché di grande leggerezza. Ed è proprio a una riflessione sulla leggerezza che è affidata la conclusione del percorso, con opere come Germination del 1957, Orgues del 1975, En triangle del 1989, Torre del 1976, e poi ancora un Passaggio di meteora piccola del 1982 e sculture degli anni Novanta. Uno dei valori che più contano nell’arte di Guadagnucci è infatti sfuggire alla pesantezza e vincere la gravità che appiattisce la creatività e le aspirazioni dell’essere umano: anche da queste considerazioni nasce in Guadagnucci l’interesse per il cosmo e per i rapporti che tengono in equilibrio gli oggetti dello spazio.